Estasi di santa Teresa d’Avila – Bernini – chiesa di Santa Maria della Vittoria, a Roma

8 Marzo 2017 ArtinMUSE

Estasi di santa Teresa d’Avila è una scultura in marmo e bronzo dorato di Gian Lorenzo Bernini, realizzata tra il 1647 e il 1652 e collocata nella cappella Cornaro, presso la chiesa di Santa Maria della Vittoria, a Roma. La scena raffigurata nell’opera è, per la precisione, una transverberazione e non un’estasi, quindi la scultura è talvolta chiamata anche “Transverberazione di santa Teresa d’Avila”.

Nel 1647 – in un periodo in cui, con il pontificato di Innocenzo X, la straordinaria carriera artistica di Bernini stava conoscendo qualche appannamento – il cardinale Federico Corner affidò alle sue qualità di architetto e di scultore la realizzazione della cappella della propria famiglia, nel transetto sinistro della chiesa di Santa Maria della Vittoria, a Roma.

Bernini, nell’eseguire la commissione, cercò una sua rivincita professionale verso l’atteggiamento tiepido che il nuovo pontefice mostrava nei suoi confronti e chiamò, per così dire, a raccolta tutta la sua inventiva di architetto e di scultore sino a giungere a realizzare uno degli esempi più elevati di arte barocca. L’Estasi di santa Teresa d’Avila, eseguita tra il 1647 e il 1652, una volta portata a compimento piacque immensamente al Bernini, che con una certa modestia la definì come la sua «men cattiva opera» (dunque la migliore delle sue realizzazioni). Lo stesso Filippo Baldinucci, nella biografia dell’artista, riporta che:

«il Bernino medesimo era solito dire […] essere stata la più bell’opera che uscisse dalla sua mano»

Una delle cifre per intendere l’arte barocca è, come noto, il gusto per la “teatralità”: la rappresentazione spettacolare e talvolta anche enfatica degli eventi. In quest’opera Bernini, mettendo a frutto la sua esperienza diretta di organizzatore di spettacoli teatrali, trasforma, in senso non metaforico ma letterale, lo spazio della cappella in teatro.

Per far ciò egli amplia innanzitutto la profondità del transetto; poi, aprendo sulla parete di fondo una finestra con i vetri gialli, pensata per rimanere nascosta dal timpano dell’altare, si procura una fonte di luce che agisce dall’alto,

come un riflettore e che conferisce un senso realistico alla irruzione sulla scena di un fascio di raggi in bronzo dorato, così la luce che scende sul gruppo, attraverso i raggi, sembra momentanea, transitoria e instabile in modo da rafforzare la sensazione di provvisorietà dell’evento. Si può facilmente immaginare quanto tale effetto, nella penombra della chiesa, dovesse apparire a quel tempo suggestivo.

Anche la freccia originaria retta dall’angelo, ora sostituita da un semplice dardo, venne realizzata con dei raggi che scaturivano dalla sua punta, a rappresentarne il fuoco del «grande amore di Dio», come santa Teresa stessa ebbe a dire nella sua autobiografia.

L’elegante edicola barocca, realizzata con marmi policromi, nella quale Bernini colloca la scena dell’Estasi di santa Teresa, funge da boccascena del teatro: essa mostra la figura della santa semidistesa su una vaporosa nuvola che la trasporta – come se fosse operante una macchina da teatro nascosta – verso il cielo. La trasformazione della cappella in teatro diventa letterale con la realizzazione, ai due lati del palcoscenico-altare, di «palchetti» sui quali sono raffigurati – ritratti a mezzobusto – i vari personaggi della famiglia Cornaro. L’evento privatissimo dell’estasi della santa diviene in questo modo evento pubblico, al quale i nobili spettatori paiono assistere non già con trepido stupore e con vivo trasporto devozionale, ma con staccato disincanto; li vediamo anzi – come avviene spesso a teatro – intenti a scambiarsi i loro commenti.

Ma non è per la famiglia committente, bensì per l’ideale platea dei fedeli che si accostano all’altare – palcoscenico della cappella che Bernini mette in scena l’estasi della santa. Egli dimostra qui tutta la sua maestria di scultore, capace di lavorare il marmo come fosse cera, con estrema attenzione ai particolari. La veste ampia e vaporosa della santa, lasciata cadere in modo disordinato sul corpo, è un capolavoro di virtuosismo tecnico, per effetto del quale il marmo perde ogni rigidezza e la scultura sembra voler contendere alla pittura il primato nella rappresentazione del movimento. Commenta a questo riguardo Ernst Gombrich

«Perfino il trattamento del drappeggio è, in Bernini, interamente nuovo. Invece di farlo ricadere con le pieghe dignitose della maniera classica, egli le fa contorte e vorticose per accentuare l’effetto drammatico e dinamico dell’insieme. Ben presto tutta l’Europa lo imitò

La raffigurazione delle estasi mistiche dei santi e delle loro visioni del divino, rappresenta uno dei temi più cari all’arte barocca: i santi «con gli occhi al cielo aiutano» – seguendo le raccomandazioni dei gesuiti sulle funzioni pedagogiche dell’arte sacra – a sentire emozionalmente, con il sangue e con la carne, cosa significhi l’afflato mistico che porta alla comunicazione con Cristo e che è prerogativa della devozione più profonda. Anche sotto questo aspetto, della raffigurazione dell’estasi, l’opera realizzata da Bernini nella cappella Cornaro, sarà destinata a far scuola e ad essere presa a modello innumerevoli volte nella storia dell’arte sacra.

Sul piano iconografico l’Estasi di santa Teresa, che trova il suo prototipo nell’Apparizione di Cristo a Santa Margherita da Cortona di Giovanni Lanfranco (1622), è direttamente ispirata a un celebre passo degli scritti della santa, in cui ella descrive una delle sue numerose esperienze di rapimento celeste:
«Un giorno mi apparve un angelo bello oltre ogni misura. Vidi nella sua mano una lunga lancia alla cui estremità sembrava esserci una punta di fuoco. Questa parve colpirmi più volte nel cuore, tanto da penetrare dentro di me. II dolore era così reale che gemetti più volte ad alta voce, però era tanto dolce che non potevo desiderare di esserne liberata. Nessuna gioia terrena può dare un simile appagamento. Quando l’angelo estrasse la sua lancia, rimasi con un grande amore per Dio.»
(Santa Teresa d’Avila, Autobiografia, XXIX, 13)

Il resoconto che la santa ci offre è raffigurato quasi alla lettera da Bernini nella sua composizione marmorea, con il corpo completamente esanime e abbandonato della santa, il suo volto dolcissimo con gli occhi socchiusi rivolti al cielo e le labbra che si aprono per emettere un gemito, mentre un cherubino dall’aspetto di fanciullo giocoso, con in mano un dardo, simbolo dell’Amore di Dio, ne scosta le vesti per colpirla nel cuore.

Notevole è il contrasto tra l’incarnato liscio e delicato dell’angelo (che fa pensare più a un Eros della mitologia greca che a un’entità spirituale cristiana) e le vesti scomposte della Santa.

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