Egon Schiele Donna con Calzini Verdi

5 Febbraio 2020 ArtinMUSE

Egon Leon Adolf Schiele, meglio conosciuto come Egon Schiele (Tulln an der Donau, 12 giugno 1890 – Vienna, 31 ottobre 1918), è stato un pittore e incisore austriaco.

Pupillo di Gustav Klimt, Schiele è stato uno dei maggiori artisti figurativi del primo Novecento, nonché esponente assoluto del primo espressionismo viennese assieme ad Oskar Kokoschka. La vita di Egon Schiele è circondata da un’aura mistica: talento precoce, muore alla giovane età di 28 anni. Nonostante la breve vita, il suo corpus di opere è impressionante: circa 340 dipinti e 2800 tra acquerelli e disegni.

Il suo lavoro è noto per l’intensità espressiva, l’introspezione psicologica e la comunicazione del disagio interiore attraverso i suoi numerosi ritratti. I suoi soggetti sono spesso uomini e donne che posano nudi, simbolo del suo complesso rapporto con il sesso femminile; corpi contorti, figure spesso non completate nella loro interezza; ritratti e molti autoritratti. Nel suo corredo creativo si trovano inoltre alcune poesie e sperimentazioni fotografiche. Il suo particolare stile lo colloca tra i pittori del movimento Espressionista, in particolare nel movimento di Secessione viennese nato agli inizi del XX secolo.

Egon Schiele nasce nel 1890 in una stazione ferroviaria a Tulln, una cittadina nei pressi di Vienna da Adolf Eugen Schiele e Marie Soukoup. La città è, alla fine del XIX secolo, un crogiuolo di culture molto diverse tra loro e i movimenti indipendentisti ne minacciano la stabilità. L’Accademia delle Scienze e Belle Arti, la presenza di numerosi altri istituti di ricerca e delle maggiori collezioni d’arte contribuiscono ad accrescere il richiamo come centro culturale e intellettuale.

Il clima sociale e la situazione politica appaiono un contesto ideale per la discussione dei temi fondamentali dell’esistenza umana. Mai, infatti, altrove ci si era occupati tanto profondamente della sessualità in letteratura, psicologia, pittura. La sua infanzia viene presto offuscata dal progredire della malattia mentale del padre e dalla sua precoce morte, esperienza traumatica che segnerà profondamente tutta la sua pittura, dandogli un’immagine del mondo tetra e malinconica.

SIGILLO artINmuse SCHIELE

Studi viennesi: Klimt e le prime mostre
Alla morte del padre Adolf Schiele (capostazione), nel 1905 la tutela di Egon viene assunta dal suo ricco padrino, lo zio Leopold Czinaczek, il quale, dopo aver tentato inutilmente di orientarlo verso una carriera nelle ferrovie, ne riconobbe il talento artistico. Fu infatti in questo periodo che Schiele cominciò a dipingere, in particolare autoritratti, producendo in poco più di un decennio circa trecento dipinti e più di tremila opere su carta.

Dopo il suo ingresso all’Accademia di belle arti di Vienna nel 1906, dove studiò pittura e disegno, i rapporti con la madre (originaria di Krumau, oggi Český Krumlov, in Boemia) si deteriorano; Marie Schiele infatti non si sente sufficientemente tutelata e sostenuta dal figlio. Di fronte all’aridità degli insegnamenti proposti in Accademia, dal clima conservatore e chiuso della scuola (che abbandona nel 1909), dove gli era permesso solo di disegnare “secondo gli antichi”, Egon cerca i suoi modelli al di fuori, soprattutto all’interno dei Cafè, dove si lega ad artisti molto vicini alla sua sensibilità.

Studiando da solo, Egon, cresce e si migliora, sperimentando i diversi stili, all’epoca considerati d’avanguardia; porta il suo cavalletto all’aperto e inizia a dipingere nella natura; la sua tavolozza mostra ora colori luminosi applicati con una tecnica antiaccademica. L’incontro decisivo per tutto il suo percorso artistico avvenne nel 1907 nel Cafè Museum di Vienna: la personalità di Gustav Klimt lo influenza non meno di quanto avesse influenzato quell’arte che rappresentava modernità e progresso (propria delle teorie artistiche della Secessione viennese di cui Klimt è un esponente). Un ulteriore elemento avvicina i due uomini: l’interesse per la raffigurazione del corpo nudo e della sessualità maschile.

Anche Klimt avrà per Schiele una grande stima: si impegna ad aiutare l’amico, attraverso l’acquisto di disegni, procurandogli modelle, presentandolo ad alcuni ricchi mecenati, che gli assicurarono una certa tranquillità finanziaria già dai suoi esordi sulla scena artistica viennese e facendo sì che nel 1908 Schiele potesse tenere la sua prima mostra personale per la Wiener Werkstätte, nata nel 1903 a opere dell’architetto Josef Hoffmann e il cui fondamento teorico risiede nell’idea di opera d’arte totale: l’arte non rinchiusa negli ambiti tradizionali ma influisce formalmente e spiritualmente sulla quotidianità.

In quelle prime opere esposte il suo stile, abbandonate le rigide regole dell’accademia, è già espressionista: accanto a ritratti di amici e autoritratti, viene rappresentata la fisicità del corpo attraverso un’aggressiva distorsione figurativa. In questo modo la sessualità diventa ossessione erotica che, accanto al tema della solitudine angosciosa e inquieta, assume un’altissima tensione emotiva. In modo simile a quello che negli stessi anni fanno Alfred Kubin e Oskar Kokoschka, lo spazio diventa una specie di vuoto che rappresenta la tragica dimensione esistenziale dell’uomo, in continuo conflitto tra la vita e la morte.

Schiele utilizza una linea tagliente e incisiva per esprimere la sua angoscia e per mostrare impietosamente il drammatico disfacimento fisico e morale. Il colore acquista un valore autonomo, non naturalistico, risultando particolarmente efficace nei moltissimi acquerelli e disegni di allucinata tensione. In molti trovarono troppo scioccanti i modi espliciti dei suoi lavori e ne denigrarono lo stile. La spiccata natura dei suoi dipinti e la sua morte prematura fanno assurgere Schiele a simbolo dell’artista incompreso, raffigurazione stereotipa di un artista frustrato e alienato da una società percepita come bigotta e ignorante.

Nel 1909 espone quattro delle sue opere alla Kunstschau, la mostra collettiva in cui esponevano gli artisti usciti dalla Secessione nel 1905: Munch, Matisse, Pierre Bonnard, Gauguin, Kokoschka, van Gogh. Il 1909 è un anno di nette cesure: ottiene il ritiro, da parte dello zio, della tutela, abbandona l’Accademia, fonda il Neukunstgruppe, si emancipa definitivamente dall’influsso di Klimt e, al raffinato erotismo dell’Art Nouveau, contrappone una rappresentazione della sessualità intesa come pulsione esistenziale profonda dell’uomo. Schiele stende anche un manifesto teorico del nuovo gruppo:

«L’artista del Neukunstgruppe è e deve necessariamente essere se stesso, deve essere un creatore, deve saper creare i propri fondamenti artistici, senza utilizzare tutto il patrimonio del passato e della tradizione.»
 
La mostra organizzata al Salon Pisko riscuote un notevole successo di pubblico: anche l’arciduca Francesco Ferdinando è tra i visitatori. Schiele rappresenta se stesso con inusuale frequenza, rompendo con la tradizione dello specchio come strumento essenziale nella ricerca dell’io, fissando nell’autoritratto non la propria identità sociale ed emotiva, quanto piuttosto l’estraneo, lo sconosciuto, il lato estraneo dell’io; i suoi autoritratti, con l’eccentricità delle pose e l’innaturalità dei gesti, producono un’immagine straniante e carica di tensione, dallo specchio nasce un doppio, dai tratti alterati e il cui corpo è torto e scavato.

Schiele mostra subito una passione per le figure femminili, soprattutto infantili. Le modelle preferite di Schiele sono donne cui era unito da un profondo legame personale. In gioventù e nei primi anni di attività artistica è soprattutto la sorella Gerti ad assumere questo ruolo; in lei Egon osserva nell’adolescenza lo sbocciare di un corpo di donna che gli si mostra semplicemente senza veli. In seguito, il legame sentimentale con Wally Neuzil farà di questa ragazzina, poco più grande di Gerti, la sua seconda modella. Wally ispira disegni intensamente erotici ed è la modella per alcune grandi figure simboliche. Ma ben presto dovrà lasciare il posto a quella che sarà anche sua moglie, Edith Harms.

Le raffigurazioni di bambini occupano un posto importante nell’opera di Schiele che trova i suoi modelli nei quartieri proletari. Frequentemente usa ospitare dei bambini nei suoi atelier e il suo interesse è rivolto particolarmente alle bambine che ritrae preferibilmente nude o semivestite, modelle alle soglie dell’adolescenza nei cui sguardi si percepiscono il timore del divenire adulte e l’incipiente risveglio della sessualità. Nello stesso periodo realizza anche ritratti di bambini, come quello del giovane Herbert Rainer, uno dei ritratti più realistici probabilmente perché fu eseguito su commissione. Sino all’epoca della sua morte si dedica alla rappresentazione della natura, tutti i suoi paesaggi sono tesi all’espressione di stati d’animo, espressione simbolica di condizioni esistenziali, legate al declino e alla morte.

 

Prigione
Fra il 1910 e il 1911 Egon trascorre lunghi periodi nella città di Böhmisch Krumau, nella Boemia del sud, dove affronta temi quali la città, i bambini, e torna a dedicarsi al paesaggio. Risalgono a questo periodo anche una serie di composizioni simboliche nelle quali prevale il tema della morte e, entusiasmato dalla lettura delle poesie di Rimbaud, si dedica egli stesso alla poesia. Nel 1911 Schiele incontra la diciassettenne Wally Neuzil, con la quale intreccia una relazione sentimentale e che gli fa da modella per alcune delle sue opere migliori.

Schiele e Wally decidono di lasciare Vienna per cercare ispirazione in campagna. Dapprima si stabiliscono nella piccola città boema di Krumau, la città natale della madre di Schiele, ma gli abitanti del posto li costringono dopo breve tempo alla partenza, disapprovando fortemente il loro stile di vita, perché non sono sposati. Si recano allora nel paesino di Neulengbach, non lontano da Vienna. Nel 1912 Schiele è accusato da un certo Von Mosig, ufficiale della marina in pensione, di aver sedotto sua figlia Tatjana Georgette Anna, non ancora quattordicenne.

 
Egon Schiele, Quell’arancia è stata l’unica luce, 1912. Scrive Schiele di questo quadro:«Ho dipinto il letto della mia cella. In mezzo al grigio sporco delle coperte un’arancia brillante che mi ha portato V è l’unica luce che risplenda in questo spazio. La piccola macchia colorata mi ha fatto un bene indicibile.»
(Egon Schiele, Diario del carcere, 19 aprile 1912)

Schiele viene così rinchiuso in prigione per un breve periodo, con l’accusa di avere traviato la minorenne, di aver avuto rapporti con lei, nonché di averla rapita. Alla fine del processo, è ritenuto colpevole soltanto di aver esibito le sue opere, considerate pornografiche dall’autorità. Tuttavia i giorni trascorsi in cella si trasformano in un’esperienza traumatica e il processo si rivela pieno di rischi: in caso di condanna gli sarebbero toccati lunghi anni di segregazione. Schiele narra la vicenda in questi termini:

«Devo vivere con i miei escrementi, respirarne l’esalazione velenosa e soffocante. Ho la barba incolta – non posso nemmeno lavarmi a modo. Eppure sono un essere umano! – anche se carcerato; nessuno ci pensa?»
(Egon Schiele, Diario del carcere, 18 aprile 1912)

Tuttavia, deluso da questa esperienza, Schiele decide di tornare a Vienna. Grazie al suo amico Klimt, riesce in breve tempo a ottenere diverse commissioni, tornando alla ribalta sulla scena artistica austriaca e partecipando a molte mostre internazionali. Le sue opere del periodo sono numerose, per la maggior parte autoritratti e ritratti. Le figure sono solitamente nude, in pose insolite che tendono a sfociare nella caricatura; la figura tormentata richiama sia la morte che l’erotismo. Il disegno è molto netto con un tratto spesso e marcato, energico e sicuro, a volte persino violento. Queste opere cercano di provocare lo spettatore per suscitare un certo malessere. Il 1913 è per Schiele un anno di successo artistico e di soddisfazioni economiche, nel quale intraprende molti viaggi ed espone in numerose occasioni.

Il Diario dal carcere o Diario o Diario di Neulengbach venne pubblicato per la prima volta nel 1922, a cura di Arthur Roessler. Il manoscritto originale non è mai stato trovato. Per molto tempo l’autenticità del testo non è stata messa in discussione, tuttavia si tratta di un falso, realizzato da Roessler sulla base di brevi annotazioni, lettere e, presumibilmente, del racconto del pittore.

Matrimonio
 
Egon ed Edith Schiele nell’estate del 1918
Nel 1914 la terza e ultima importante modella della sua vita, Edith Harms, figlia di un fabbro, pone come condizione per divenire sua moglie l’essere l’unica sua musa ispiratrice ed esige l’interruzione del rapporto con Wally. Schiele lascia allora quest’ultima, che morirà in seguito al fronte come crocerossina, e sposa Edith. Il matrimonio gli dona una serenità che muta la sua ispirazione: una composta forza emerge dai dipinti di questa nuova fase, in parte anche per l’influenza delle opere monumentali di Ferdinand Hodler.

Proprio quando nel 1914 la sua fama artistica si va affermando, scoppia la prima guerra mondiale: sarà la fine di un’epoca, con il crollo definitivo dell’impero asburgico; Schiele raffigurerà questo imminente crollo nel Mulino, dove una fragile struttura di legno è distrutta dalla crescente forza dell’acqua che distrugge e spazza. Nel 1915 è chiamato alle armi e, grazie a superiori comprensivi e amanti dell’arte, può continuare a dipingere. In questo periodo realizza ritratti di ufficiali russi e disegni di interni; le opere mostrano una trasformazione della concezione artistica di Schiele: l’espressivo gesto pittorico è segnato da un chiaro ritorno alla rappresentazione naturalistica.

Morte
 
Un definitivo trasferimento lo conduce, nell’aprile del 1918, al museo militare di Vienna, anno in cui un mutamento di stile gli frutta fama e riconoscimenti; inoltre partecipa con successo alla quarantanovesima mostra della Secessione viennese; nello stesso anno, tiene esposizioni di successo a Zurigo, Praga e Dresda. La stabilità di questo periodo si rispecchia in alcune opere quali La famiglia, dove si scorge un tentativo di riunione delle componenti figurative e del dipinto stesso, che però non riesce a essere definitivo.

Nell’autunno del 1918 l’epidemia di influenza spagnola, che provocò più di venti milioni di morti in Europa, raggiunge Vienna. Edith, incinta di sei mesi, contrae la malattia e muore il 28 ottobre. Durante l’agonia della moglie Schiele la ritrae più volte. Egon non scampa al contagio e tre giorni dopo, il 31 ottobre, muore a 28 anni.

Caratteristiche tecnico-artistiche
«L’Arte non può essere moderna, l’Arte appartiene all’eternità.»
(Diario del carcere, 22 aprile 1912)
L’attenzione artistica di Egon Schiele è concentrata essenzialmente sulla figura umana, in particolare su quella femminile, che rappresenta con una vasta e varia gamma espressiva:

nudi asciutti e taglienti;
donne intense, altere, sicure di sé;
ritratti e autoritratti di un profondo spessore psicologico;
coppie avvinte in erotici abbracci.

Una dolce, inquietante ossessione s’insinua tra corpo e mente scuotendo con energica virulenza tutta la breve vita di Egon Schiele. Una contaminazione artistica, questa, che vuole evidenziare il tratto forte e sensuale di uno degli artisti più rappresentativi dell’Espressionismo: il suo interesse per il corpo. Schiele viene influenzato dal linguaggio prezioso e raffinato di Gustav Klimt, ma la sua pittura è un viaggio nell’introspezione psicologica. In rossi sanguinei, bruni tenebrosi, pallidi gialli e lugubri neri egli tenta di dipingere il pathos direttamente in paesaggi malinconici, con alberi avvizziti, così come in disperate immagini di madri e figli addolorati. I suoi sono segni che mettono a nudo l’inconscio, assumendo una profondità dai contorni emozionali molto più marcati.

Sono segni che, caratterizzati da una linea nervosa, quasi nevrastenica, prendono corpo sulla tela in una dissonanza armonica che nega l’estetica e rompe gli schemi tradizionali. L’Io dell’artista emerge, contorce la materia e si ferma nello sguardo allucinato e nelle mani contorte. Mani dove le linee sembrano denunciare il dolore, la sofferenza, la malinconia di un’anima alla deriva. Schiele descrive i meandri della sua mente, il cupo tormento e il trauma angosciante per la perdita prematura del padre, morto di sifilide. Un evento, questo, che segna in modo indelebile anche il suo rapporto con le donne e con l’erotismo. Compaiono sulle tele corpi femminili terribilmente provocanti, in pose, spesso assurde, verticali per confondere la spazialità.

L’artista introduce una tensione erotica esistenziale e psicologica per diffondere un messaggio di critica sociale contro la falsità borghese. Più che una liberazione dal sé, quest’arte attesta un conflitto all’interno del soggetto individuale nei confronti delle sue discusse autorità, l’accademia e lo Stato. Su una superficie ruvida e scabra, Schiele mostra senza falsi pudori, un erotismo scevro di moralismi e senza gioia, dove protagoniste sono fanciulle dal volto infantile e dall’atteggiamento deliberatamente impudico, donne dominate da una sessualità disinibita e urlata nel silenzio della loro anima. Guardandosi intorno, Schiele non può che rimanere affascinato da Van Gogh e con il suo personalissimo carisma cromatico, pesante e deciso, gli rende omaggio con La Stanza in Neulengbach, che si ispira alla Stanza gialla. Reinterpreta anche i Girasoli, in una versione dai colori bruni, spenti dove i petali perdono consistenza e acquistano la decadente tragica forza del vero.

Egon Schiele rivendica l’importanza della esperienza interiore e delle sue manifestazioni più o meno violente. Scava nei propri personaggi per metterne a nudo la loro anima (spesso Egon Schiele proietta le sue inquietudini nelle figure). Egon Schiele è un abile disegnatore, dal tratto nitido, rapido e secco, senza ripensamenti; non concede spazio al decorativismo o al compiacimento estetico delle sue opere. Le opere di Egon Schiele hanno tutte un impatto forte e violento sull’osservatore, che assume quasi una posizione di interprete psicoanalitico; esse trasudano di voglia di ribellione e provocazione, cosiccome di angoscia esistenziale.

Schiele sonda, nelle figure angosciate prive di riferimento storico e contesto sociale, le “pulsioni represse”; egli indaga il voyeurismo e l’esibizionismo, una coppia freudiana di piaceri perversi. Spesso, nelle sue opere, fissa così intensamente -lo specchio, noi- che la differenza tra il suo sguardo e il nostro minaccia di dissolversi ed egli sembra diventare l’unico osservatore, il solitario voyeur della propria esibizione. Ma per lo più non sembra tanto provocatoriamente orgoglioso della propria immagine, quanto piuttosto pateticamente esposto nel suo stato rovinoso. Ormai esaurita la sua funzione di ideale classico (il nudo accademico) e di tipo sociale (il ritratto di genere), la figura diventa quasi una cifra di disturbo psicosessuale.

Nella fase finale della sua vita il tratto si fa più nervoso raggiunge la massima libertà espressiva realizzando molti paesaggi soprattutto delle cittadine di Krumau e Neulengbach. Lavori in cui è sempre presente un costante senso drammatico e una visione della realtà sofferta e meditata nell’interiorità. L’arte di Schiele ci consente, quindi, di perderci nell’infinito esistenziale e ritrovarci a tu per tu con il senso della vita, che sfugge a ogni ordine e si ferma nel magma emozionale di una macchia di colore.

I maggiori capolavori di Schiele sono ospitati principalmente a Vienna: la Österreichische Galerie Belvedere conserva, ad esempio, La famiglia, Ritratto dell’editore Eduard Kosmack, Gli amanti, La morte e la follia e molti ritratti tra i più famosi, che possono essere ammirati assieme ai dipinti di Klimt (tra i più importanti Il bacio, Giuditta I, Ritratto di Fritza Riedler) e Kokoschka. La maggior parte delle opere di Schiele sono ospitate al Leopold Museum di Vienna tra cui Donna distesa e tante altre.

SIGILLO artINmuse SCHIELE

segui il nostro BLOOG

, , , ,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Blue Captcha Image
Aggiornare

*

Translate »