Anello COSMOOS Fenice

8 Febbraio 2017 Bloog, Gioielli

 

La Fenice (in latino Phoenix) è una costellazione meridionale minore, introdotta dai navigatori danesi Pieter Dirkszoon Keyser e Frederick de Houtman, e ripresa da Johann Bayer nella sua opera Uranometria del 1603.

La Fenice è una costellazione di medie dimensioni caratteristica dei cieli del sud; la sua stella più brillante, Ankaa, è di magnitudine 2,3 ed è dunque facilmente individuabile anche sotto cieli non completamente bui. Ankaa costituisce il vertice meridionale di un triangolo i cui restati due vertici sono Fomalhaut (nel Pesce Australe) e Deneb Kaitos (nella Balena). Il resto della costellazione si estende in particolare a sud e ad est di questa stella.

Questo significa che è completamente invisibile per chi vive sopra il 50º parallelo dell’emisfero nord, e rimane comunque bassa nel cielo dell’autunno per chi vive a nord dei tropici. È invece facilmente visibile da luoghi come l’Australia e il Sudafrica, in cui è una figura caratteristica dei cieli primaverili e dell’inizio dell’estate australe.

La Fenice è associata con lo sciame meteorico minore delle Fenicidi di dicembre, che incontra la Terra il 5 dicembre.

Mitologia

Fenice, dalla latinizzazione del greco Φοῖνιξ: Phoenix, phoenicis ossia “rosso porpora”.

Spesso nota anche con l’epiteto di araba fenice e chiamata anche uccello di fuoco (appunto perché fatta di fuoco), è un uccello mitologico caratterizzato per il fatto di controllare il fuoco e di rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte. Gli antichi egizi furono i primi a parlare del Bennu, che poi nelle leggende greche divenne qualcosa di diverso, cioè la fenice. In Egitto era solitamente raffigurata con la corona Atef o con l’emblema del disco solare. Contrariamente alle “fenici” di tutte le altre civiltà, quella egizia non era raffigurata come simile né ad un rapace né ad un uccello tropicale dai variopinti colori, ma era inizialmente simile ad un passero (prime dinastie) o ad un airone cenerino; inoltre non risorgeva dalle fiamme ma ne era immune (come nel mito greco e miti successivi), ma dalle acque.

La fenice in vari miti era un favoloso uccello sacro, infatti simile ad un’aquila reale, e aveva il piumaggio dal colore splendido, il collo color d’oro, rosse le piume del corpo e azzurra la coda con penne rosee, le ali in parte d’oro e in parte di porpora, un lungo becco affusolato, lunghe zampe, due lunghe piume — una rosa ed una azzurra — che le scivolano morbidamente giù dal capo e tre lunghe piume che pendono dalla coda piumata — una rosea, una azzurra e una color rosso-fuoco —.

Il motto della fenice è Post fata resurgo (“dopo la morte torno ad alzarmi”).

 

Pochissimi storici si domandano se sia esistita la fenice, facendo riferimento alle opere dei poeti romani, considerandola nulla di più di un prodotto della fantasia dei seguaci del Dio-Sole. Alcuni, tuttavia, credono che il mito possa essere basato sull’esistenza di un vero uccello che viveva nella regione allora governata dagli Assiri.

Gli antichi la identificavano col fagiano dorato – tanto che un imperatore romano si vantò di averne catturata una –, nella Bibbia, con l’ibis o col pavone; altri, con l’airone rosso o l’airone cenerino, basandosi sull’abitudine degli antichi egizi di festeggiare il ritorno del primo airone cenerino sopra il salice sacro di Eliopoli, considerato evento di buon auspicio, di gioia e di speranza.

Come l’airone che spiccava il volo sembrava mimare il sorgere del sole dall’acqua, la Fenice venne associata col sole e rappresentava il ba (“l’anima”) del dio del sole Ra, di cui era l’emblema — tanto che nel tardo periodo il geroglifico del Bennu veniva impiegato per rappresentare direttamente Ra.

Quale simbolo del sole che sorge e tramonta, la Fenice presiedeva al giubileo regale. Ed essendo colei che ri-sorge per prima, venne associata al pianeta Venere.

E come l’airone, che s’ergeva solitario sulla sommità delle piccole isole di roccia che sbucavano dall’acqua dopo la periodica inondazione del Nilo che ogni anno fecondava la terra col suo limo, il ritorno della Fenice annunciava un nuovo periodo di ricchezza e fertilità. Non a caso era considerata la manifestazione dell’Osiride risorto, e veniva spesso raffigurata appollaiata sul Salice, albero sacro ad Osiride. Per questa stessa ragione venne riconosciuta quale personificazione della forza vitale, e — come narra il mito della creazione — fu la prima forma di vita ad apparire sulla collina primordiale che all’origine dei tempi sorse dal Caos acquatico.

Si dice infatti che il Bennu abbia creato sé stesso dal fuoco che ardeva sulla sommità del sacro salice di Eliopoli. Proprio come il sole, che è sempre lo stesso e risorge solo dopo che il sole “precedente” è tramontato, di Fenice ne esisteva sempre un unico esemplare per volta. Da qui l’appellativo “semper eadem”: sempre la medesima.

Era sempre un maschio e viveva in prossimità di una sorgente d’acqua fresca all’interno di una piccola oasi nel deserto d’Arabia, un luogo appartato, nascosto e introvabile. Ogni mattina all’alba faceva il bagno nell’acqua e cantava una canzone così meravigliosa che il dio del sole arrestava la sua barca (o il suo carro, nella mitologia greca) per ascoltarla.

Talvolta visitava Eliopoli (la città del sole, di cui era l’uccello sacro) e si posava sulla pietra ben-ben: l’obelisco all’interno del santuario della città (nota originariamente col nome di “Innu”, che significa “la città dell’obelisco”, da cui il nome biblico On).

 

Morte e resurrezione

Secondo una versione del mito, la principale, l’araba fenice è divenuto il simbolo della morte e risurrezione; si dice infatti “come l’araba fenice che risorge dalle proprie ceneri”. Dopo aver vissuto per 500 anni, la Fenice sentiva sopraggiungere la sua morte, si ritirava in un luogo appartato e costruiva un nido sulla cima di una quercia o di una palma.

Qui accatastava le più pregiate piante balsamiche, con le quali intrecciava un nido a forma di uovo — grande quanto era in grado di trasportarlo (cosa che stabiliva per prove ed errori). Infine vi si adagiava, lasciava che i raggi del sole l’incendiassero, e si lasciava consumare dalle sue stesse fiamme.

Per via della cannella e della mirra che bruciano, la morte di una fenice è spesso accompagnata da un gradevole profumo. Dal cumulo di cenere emergeva poi una piccola larva (o un uovo) che i raggi solari facevano crescere rapidamente fino a trasformarla nella nuova Fenice nell’arco di tre giorni, dopodiché la nuova Fenice, giovane e potente, volava ad Eliopoli e si posava sopra l’albero sacro; per altro si dice anche che dalla gola della Fenice giunse il soffio della vita (il Suono divino, la Musica) che animò il dio.

Ma nella antica tradizione riportata da Erodoto, la fenice risorge ogni 500 anni, come riportato da Cheremone, filosofo stoico iniziato ai misteri egizi o da Orapollo vissuto sotto Zenone. La fenice è una delle manifestazioni del sole, come interpretato da Sbordone che riporta una grafia tarda del nome di Osiride costituita da un occhio e uno scettro.

 

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